Chiavi di voci infernali

Tratto da La chiave dell’ ascensore di A. Kristof, La voce umana e La macchina infernale di J.Cocteau

C’era una volta… così inizia il dramma La chiave dell’ascensore di A. Kristof… come nelle favole si scandaglia dentro ad una donna chiusa dal marito in un castello in cima ad un alta rocca, senza possibilità d’uscita… il solo modo di arrivare è un  ascensore ma nessuno ha la chiave dell’ ascensore… per proteggerla, per amore, tanti piccoli interventi… prima alle gambe, poi alle orecchie, agli occhi… il troppo amore che uccide… fino agli estremi… alla vita condensata nella voce, l’animo di un essere umano che non sarà mai posseduto da nessuno… un altro livello interpretativo potrebbe essere la nostra stupidità che ci paralizza e ci impedisce di reagire anche  quando ci sentiamo a poco a poco anestetizzare dagli altri o da noi stessi nel non voler ascoltare il grido luminoso e vitale che ci anima…poi un frammento di La voce umana di J. Cocteau dove un animo femminile sacrifica e trasforma un legame d’amore malato, egoista in un opportunità per liberarsi delle proprie ombre, delle proprie catene… e volare lontano… dove? nel mito… La macchina infernale di J. Cocteau… e l’ indovinello della Sfinge a Edipo :“Quale è l’ animale che la mattina cammina a quattro zampe, al meriggio su due e la sera su tre ?“
…quindi una riflessione sul dentro dell’essere umano, in un momento storico in cui le voci interiori sono più incisive del solito o semplicemente il nostro orecchio interiore è più  disponibile all’ascolto… Il tutto in una chiave registica di sdoppiamenti, smascheramenti, in una gestualità essenziale e simbolica… quindi un trittico ‘Chiavi di Voci Infernali’… pièces divisa in tre frammenti… dove la scena è luogo di reclusione, cerimonia, smascheramento… alla “vittima” non resta che una possibilità: testimoniare l’esistenza di altri punti di vista, altre verità… con cui agire, leggere i fatti …con cui svelare le circostanze, spezzare la fissità ripetitiva della menzogna, del non essere …un unico possibile gesto di resistenza, di affermazione del proprio senso, nesso, nel  tempo… in scena …un doppio di corpi… un doppio di voci: da uno si diventa due esseri distinti e poi ancora uno …un abito che via via si accorcia… color rosa carne simbolo dell’essere umano …una trasformazione dalla personalità alla pluralità di individuo oltre la forma… un mettersi ‘a nudo’ scoprendo altri strati sotto la ‘pelle’… stupirsi delle luci custodite in tanto buio…

Lidia Treccani
Simona Fasano
Attrice
Attrice
musica: Stefano Cabrera
costumi: Madame T
luci e foto: Domenico Carratta
regia: Simona Fasano